AURATICA
AURATICA
Giuditta Vettese + Oliviero Fiorenzi
con un testo di Giada Olivotto
L’installazione Auratica, nata dalla composizione di una serie di sculture di natura pittorica e sonora, è frutto della collaborazione tra gli artisti Giuditta Vettese e Oliviero Fiorenzi.
Il titolo, sviluppo della radice “aura” (dalla sua etimologia aúra ‘soffio”, aer ‘aria’), raccoglie in sé l’aspetto spaziale e spirituale della mostra.
“Anima” si riferisce infatti ad anemos (vento), mentre la radice “- spir” che si trova nel latino “spiritus”, può essere ricondotta al verbo spirare, respirare, emanare, inspirare. Il respiro è infatti interpretato in molte culture come il segno stesso della vita o l’essenza dell’anima, il legame metafisico che collega l’Universo o la manifestazione della divinità.
Il legame tra corpo e dimensione spirituale si racchiude infine nel suono, che celebra il movimento delle vele come l’inizio di un rito, privato e collettivo, scandito da aleatori tocchi limpidi e prolungati.
Ogni vela, accompagnata da un segno, è un atto di intima e istintiva ritualità, che nasce nel contesto del legame di coppia.
Le cinque opere sono pensate come messaggi d’amore e nel contempo come delle preghiere, espressioni di intenzionalità scritte sotto forma di pittura astratta e scultura. Ogni vela è infine accompagnata da un componimento poetico, che le da un nome, pensato nella forma dell’haiku.
Ogni vela possiede una campana tubolare, uno strumento musicale che si puó suonare con il suo battente. Le 5 campane, tutte diverse tra loro, variano da una frequenza di 432 Hz fino a 512, un suono che, se prolungato, tende ad armonizzarsi alle altre quando suonate contemporaneamente. Le campane sono note come strumenti terapeutici. Nella cultura Vedica, le vibrazioni musicali allineano le molecole d’acqua che compongono gran parte del nostro corpo, equilibrano eventuali disarmonie e squilibri, attraverso un principio detto di “risonanza simpatica”.
Mia diletta,
Le tue lettere sono praticamente l’unica luce delle mie giornate, perciò per favore continua 1 . Proverò a farmi viva io più spesso. Così da far imbestialire l’intera carrozza mentre scendo verso Roma, sai quanto mi piace battere vivacemente sui tasti mentre scrivo. E sai che scrivo solo in treno, per questo viaggi raramente insieme a me.
Ti ricordi di quando cercammo la cisterna descritta da Kaj Noschis 2 ? Dell’odore di pietra e muschio che risaliva lungo il ponte di Tegna mentre cercavamo il pertugio per accedervi? Quel giorno era grigio e S. 3 ci attendeva con le sue mazze di tamburo appena raccolte dall’altra parte della strada. Ma tu non ne volevi sapere di tornare indietro.
Non capisco come oggi tu possa essere così lontana da me.
Qualche giorno fa ho visitato un posto molto simile a quel castello nella valle. Ricavata fra i mattoni e le mura di una città lombarda. Scavata all’altezza della fredda strada di febbraio si apre una volta. Li, un’antica cisterna ha accolto due creature.
Accolte come una madre nel suo ventre. Avvolte da vele di seta, queste creature hanno cominciato a sviluppare un linguaggio nuovo per amarsi. Potrei descrivertelo esteticamente come un alfabeto precristiano dai tenui colori del tramonto. Insieme io e te parleremmo di Linguaggio della dea 4 vedendo i segni che queste hanno graffiato sulla seta.
Come vorrei che tu fossi qui.
Mano nella mano, ci caleremmo per scoprire queste nuove grottesche. Aggrappate alle fantasiose vele che adornano questo ventre umido, potremmo così udire un suono.
Lo potrei descrivere come la risonanza dei pianeti e delle stelle 5 .
Dai nostri ultimi scambi potremmo definire questo un suono enigmatico, mentre qualcun altro potrebbe dire Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono 6 . Un’onda uditiva 7 che avvolge. Spero che tu possa fermarti qualche giorno in questa città per vedere con i tuoi occhi quello che ti sto descrivendo.
Ora riparto verso sud. Sono stanca di viaggiare.
Trovami una casa dove nessuno possa venire mai.
Mi piace parlare con te, ma con nessun altro in tutto il mondo.
La tua decrepita e dissoluta strega di casa. 8
G.
1 WOOLF V. e STRACHEY L., Ti basta l’Atlantico?, Ed. Nottetempo, p. 225
2 Riferimento allo studio delle rovine del castello di Tegna in Svizzera, dove Karl Kerényi ipotizza che sotto la chiesa si troverebbero le vestigia di un luogo di culto illirico, una cisterna simile all’antro di Trofonio. NOSCHIS, K. Monte Verità e il genio del luogo, 2011, Ed. Casagrande, p. 21
3 Sandro Pianetti, artista nonché raccoglitore accanito di porcini, russole e mazze di tamburo.
4 GIMBUTAS M., Il linguaggio della dea, 1989, Ed. Venexia
5 Le risonanze elettromagnetiche globali, o risonanze Schumann, sono così dette dal fisico
Winfried Otto Schumann, che le calcolò negli anni cinquanta.
6 Dal Canzoniere di Petrarca. Sonetto proemiale della raccolta, scritto intorno al 1350 e posteriore alla morte di Laura. L'autore guarda in modo retrospettivo al suo amore infelice.
7 Trovo molto curioso che l’esperienza uditiva se tradotta in inglese si avvicini molto al titolo scelto da Oliviero e Giuditta, “aural experience”
8 WOOLF V. e STRACHEY L., Ti basta l’Atlantico?, Ed. Nottetempo, p. 249
Giada Olivotto Lugano, 28 febbraio 2022