MAFALDA GALESSI C12H22O11
SPAZIO VOLTA OFFSITE PROJECT
Per la prima mostra offsite di Spazio Volta Mafalda Galessi (Bergamo, 1992) ha presentato una serie di lavori scultorei nelle arcate murarie di Bergamo, sito Patrimonio dell’Unesco, in via della Boccola 13. C12H22O11, progetto curato da Edoardo De Cobelli e prima mostra personale dell’artista, unisce lavori precedenti e interventi site-specific per le arcate delle mura, visibili dall’esterno e aperte al pubblico dal 15 ottobre al 10 novembre 2020.
Ci sono luoghi in cui le parole e il tempo cronologico si avvolgono su se stessi e diventano un linguaggio inadatto a penetrare la dimensione che ti circonda.
Le arcate dell’ex Monastero del Carmine, come altri punti delle mura di Bergamo, sono alcuni di questi. Mentre le pareti domestiche tradivano spesso l’inconsistenza del tempo, durante la quarantena, questi luoghi ne trasmettono la profonda consistenza.
È il tempo dello Chthulucene, l’humosità di cui parla Donna Haraway, piuttosto che il tempo frammentato del Capitalocene, che le mostre di Spazio Volta esploreranno tra le arcate delle mura. Mostre che riavvolgono il nastro del tempo, fino all’origine della vita stessa, come le sculture di Mafalda Galessi, che sembrano calate da un’altra dimensione. Intrusi, corpi estranei dall’origine ignota, come estranea è la sensazione di entrare in questo luogo fuori dal tempo.
La ricerca di Mafalda prende forma attorno alla molecola del saccarosio, lo zucchero. Un elemento iper-comune, una molecola solubile che nelle sue opere, composte al 99% da materiale organico, si trasforma in un materiale estremamente resistente all’umidità e alle condizioni esterne.
PROJECT MAFALDA GALESSI C12H22O11
La manipolazione che ne fa l’artista è opposta alla manipolazione tecnologica-industriale che trasforma la barbabietola da zucchero in un prodotto regolare e cristallino.
È un rimpasto organico, quasi semiotico, che agisce sul significato comune della molecola. La regolarità si mischia, il colore si sporca. Il saccarosio torna alla forma informe e primordiale, come elemento da cui trae origine la vita e prende energia l’organismo. Se lo zucchero industriale è stato capace di massificare un gusto, quello per il dolce – e con esso, secondo il ‘principio di incorporazione’ di Fichler, anche il pensiero e l’immaginario – Mafalda rielabora questo immaginario alla luce di alcune teorie scientifiche e della natura versatile della molecola.
La teoria da cui parte la riflessione dell’artista è la Panspermia, che propone uno scenario alternativo rispetto all’origine della vita sulla Terra. Secondo la teoria della Panspermia, sostenuta fin dagli anni Venti, la nascita della vita sarebbe frutto di un incontro casuale con organismi extraterrestri, o quantomeno con i loro progenitori, molecole complesse essenziali come il desossiribosio, capace di resistere a -273 gradi celsius.
L’opera di Mafalda Galessi assume infatti le sembianze di una conformazione rocciosa, un minerale venuto dall’esterno, un meteorite che racchiude in sè la molecola principale del nostro codice genetico. Un organismo ubiquo e organico-molecolare che parla dell’origine della vita nel segno della fabulazione speculativa e della narrazione scientifica.