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SSFFSSSSHH

SFFSSSSHH

9.10 – 7.11.21

GIULIA POPPI

A cura di Edoardo De Cobelli

Radicalmente Aperta – testo di Gabriele Tosi

Sffsssshh come i mormorii, i soffi e i richiami. Un vento innominabile suggerisce ai naviganti di lasciar le coste, ai pittori di spogliare le Primavere, ai missionari di cercar spiriti nelle pianure e ai fisici di amare la materia inanimata come una cosa viva. Sffsssshh come un brivido sulla pelle dello spaziotempo. Per l’artista, Sffsssshh è il verso della panna spray.

Le sculture performano lo spazio (non nello spazio). Vibrano la luce come vetrate senza architet- ture, invadono l’aria come panneggi senza figure. L’artista le descrive ricordando pizzi e mac- ramè, esiliando gli occhi nelle ombre ipnotiche che fanno le frasche nei boschi. “Per conferire movimento ad una figura immota, occorre risvegliare una sequenza di immagini vissute — non un’immagine unica.” (Cieri Via, 2002, p. 116-117).

In una celebre serie di disegni, Ed Ruscha raffigura una carta bianca lievitare in uno spazio vuoto. “Without the baggage of our writing, our experiences, our depictions and imitations, this piece of paper defies all the false weight with which we’ve invested it. It floats, and we wonder at its potential.” (Miller). Spesso l’arte gioca a reinventare sé stessa, ridisegnando un foglio (non su di un foglio). Il materiale delle sculture in oggetto (PETG) si presenta nella forma di piccole sfere destinate a essere fuse. L’artista abbassa la temperatura. Stende le sfere su un piano e, con il favore della bidimensionalità, crea legami modulari e espandibili

all’infinito, riservando a ogni sfera la propria separabilità.“Matter in its iterative materialization is a dynamic play of in/determinacy. Matter is never a set- tled matter. It is always radically open.” (Barad, 2012, p. 648). La scultura è radicalmente aperta quando assume la metamorfosi come forma simbolica dell’esistenza e dell’assenza. Mutando la figurazione in configurazione, il visivo è posto in una condizione di definita indefinibilità. I legami fra le particelle risultano solidi e duraturi. Decidere di romperli ogni volta non è un’esigenza ma un atto di fede nel multiforme e nell’alterità.

La scultura radicalmente aperta è allora un concetto politico e climatico. Risponde alla volontà di performare l’ambiente entrando nei suoi spettri di risonanza, dando cioè filtro e modulo ai fenomeni invisibili che tutto regolano e significano. Perfino la plastica, sovente vituperata come ‘innaturale’, è invece vista come un legame con un tempo sovraumano, che dai microrganismi fossili decomposti nel petrolio fermenta fino alla stampa 3D e ai sacchetti del sottovuoto. Fare plastica significa appunto modellare. Nella reinvenzione del modellato la scultura riconosce il movimento primitivo delle luci e ne fa ornamento. Panneggiando lo spazio agisce in forme medi- ali, inventa dispositivi interstiziali per dar voce alla vitalità del vuoto, dello statico e dell’inorganico. Svelando così la bugia dell’inanimato.