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YOHAKU 

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YOHAKU
collettivo damp
curato da innesto | spazi di ricerca

Le soglie addensano una materia urbana sottoposta a campi di tensione che segnalano improvvisi cambiamenti di stato, scrive Sergio Crotti.

La soglia è da sempre considerata come un concetto dalla natura fortemente ambigua e complessa. Attraverso il linguaggio è possibile indagarne le molteplici sfaccettature: essa può esprimere la più tenace forma di integrazione, come le più drammatiche forme di esclusione. In riferimento al contesto urbano, se da un lato nella sua accezione di limen ha significato di ingresso, principio; dall’altro è comunemente intesa come un limite, una divisione. E’ dunque uno spazio atto a creare un discrimine tra gli spazi abitati e inabitati, tra i luoghi pubblici aperti e quelli chiusi privati. Nel caos delle città urbane la soglia tenta di attenuare il senso di spaesamento dell’uomo contemporaneo circoscrivendo uno spazio antropizzato. Questa, tende ad addensare tutti i processi di variazione tipografica cittadina e gli eventi inaspettati che modificano la struttura dei luoghi: catalizzatori di energie e perturbazioni. Concentrandosi sulla posizione di medietà che la soglia ricopre si palesano caratteristiche comuni ai concetti di connessione, legame e mediazione; non solo, per sottrazione essa è una pausa tra eventi, uno spazio residuale che si carica di significato divenendo il luogo delle effettive possibilità, area delle azioni possibili e ambiente dove emerge il senso del potenziale.
In questo senso, la circoscrizione dello spazio della vetrata operata dal collettivo damp agisce ritagliando un punto di vista che vincola, e al contempo limita lo sguardo dello spettatore, obbligandolo a focalizzarsi su di un punto preciso, su quel labile confine colmo di possibilità.

Alla limitazione dello spazio visivo contribuisce un sistema di nebulizzazione che opacizza l’unica porzione di vetrata superstite attraverso la condensazione: un cambiamento di stato della materia, ma anche trasposizione di significato come sinonimo di concentrare e rendere denso. Metaforicamente, nell’opera del collettivo damp, le perturbazioni esterne e i movimenti cittadini si convogliano di fronte alla vetrina di Spazio Volta.

Così lo spettatore si trova di fronte alla fisicità di un impedimento interiore che l’idea stessa di soglia porta con sé: l’indugio ed il senso di insicurezza rispetto a ciò che si trova oltre e che genera nell’uomo un senso di impotenza. L’invito è quello di oltrepassare la sensazione di spaesamento e considerare invece questo spazio come il luogo del possibile. Il risultato è infine una visione ridotta, cui appartiene la caratteristica dell’indeterminato, che talvolta permette di far entrare lo sguardo del passante, talvolta di creare una patina che, come un acquerello, trasforma le architetture interne in figure indistinte, lasciando che siano i presenti a riflettere sul contenuto dello spazio e sulla possibilità che la soglia offre.

Al lato opposto di questo margine, nello spazio interno, si può osservare ciò che accade al di là, incrociare gli sguardi dei passanti innescando un contatto e riempiendo ancor di più di valore e significato quello spazio intermedio carico di possibilità.

La società liquida in cui viviamo ha come unica certezza l’incerto, e ció che la distingue dalla società solida di un tempo è la mancanza di controllo e di un punto fermo. L’impossibilità di sapere cosa ci sarà, di guardare avanti, il prospettarsi di un futuro ignoto sono tutte connotazioni proprie alla liquidità e all’opera degli artisti che, tuttavia, concede al passante uno spazio di contemplazione atipico per i nostri tempi.

La vita liquida come la società liquido-moderna non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo, scrive Zygmunt Bauman.

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