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PEDRO TORRES Clathratus

Pedro Torres

Clathratus

24.09 – 20.11.22

PEDRO TORRES 

A cura di Carolina Ciuti

“All’epoca nessuno di noi ci pensava, a cosa ci fosse di speciale nell’acqua,
ma ci colmava di un qualcosa, uno stato di apprensione e attesa, un che di
inimmaginabile e drammatico, una sorta di buio. L’acqua era un confine, era
lì che terminava il nostro mondo, anche se era soltanto un gorgo nel bosco a
poche centinaia di metri dalle case illuminate, o una pozza sotto il ponte di
cemento giù al porticciolo”.

 

In uno dei primi capitoli di In Inverno (Feltrinelli Editore, 2021), lo scrittore norvegese Karl Ove Knausgård riflette in modo poetico sull’acqua, elemento onnipresente e essenziale nella vita di ogni essere umano. L’autore dedica tutta la prima parte del libro a “una figlia che sta per nascere” e raccoglie simboli e immagini che la bambina dovrà imparare a conoscere poco dopo la sua venuta al mondo. Tra questi, ovviamente anche l’acqua.
Acqua corrente, acqua di scolo, acqua distillata, acqua termale, acqua minerale, acqua di rifiuto, acqua morta, acqua viva, acqua salata, acqua dolce, acqua santa, acqua medicamentosa. Di questo liquido scorrevole –in cui i filosofi antichi riconoscevano uno degli elementi costitutivi dell’universo–, perfino il nostro corpo è pieno. Si parla di percentuali che oscillano tra il 55% e il 75% e che variano da persona a persona, secondo fattori di natura diversa –come il peso, l’età anagrafica o le abitudini quotidiane. Insomma, l’acqua in tutte le sue forme è inscindibilmente legata alla vita (animale, vegetale, minerale) e la determina col suo scorrere ciclico.

Per questa ragione, è stata spesso associata al tempo o utilizzata come sua metafora,
ugualmente essenziale e immanente. In alcuni degli scritti dell’antropologo e saggista francese Gilbert Durand, ad esempio, l’acqua viene descritta come “clessidra infinita”; in questo modo, l’autore vuole alludere al suo fluire continuo che scandisce l’avvicendarsi ciclico degli eventi e, dunque, anche della vita e della morte. Ma viviamo un’epoca in cui sia il tempo che l’acqua scarseggiano. E le ragioni sono da ricercarsi, in entrambi i casi, nelle caratteristiche della moderna ‘Società dell’Accelerazione’ che, in virtù di uno sviluppo sempre più rapido (ma diseguale), ha finito per esaurire alcune delle risorse essenziali alla sopravvivenza.

È del 2021 l’ultima indagine dell’UNESCO – Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura – dedicata al Valore dell’Acqua. La ricerca prende in considerazione i diversi aspetti economici, ambientali e culturali che rendono fondamentale questo bene ed evidenzia, al tempo stesso, le ragioni della sua scarsezza. Tra queste, anche i cambiamenti climatici in corso –che alterano irrimediabilmente la struttura ecologica del nostro pianeta–, e la cattiva gestione delle risorse idriche (basti pensare che oggi, circa due miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile). Per questo motivo, il sesto obiettivo dell’Agenda ONU 2030 ha proprio a che fare con il voler garantire a tutt* “la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua”.

Ma la storia dell’acqua è anche strettamente legata a quella di Piazza Mercato delle Scarpe a Bergamo e, più precisamente, a quella di Spazio Volta. Lo spazio espositivo ha infatti sede in corrispondenza di una ex sorgente-fontana che, durante tutto il corso del Trecento e Quattrocento, consentiva l’approvvigionamento idrico in un punto nodale del comune lombardo. A partire dal 1491, la fonte fu inglobata all’interno dell’edificio che ospitava il Tribunale dei Mercati e, nei secoli successivi, perse del tutto la sua funzione. Alcuni documenti che risalgono al XVIII secolo fanno infatti riferimento al luogo come ‘Fonte Seca’, alludendo proprio al fatto che nella fontana ormai non ci fosse più acqua. Del resto, è una storia comune a molte delle fonti antiche di epoca romanica, che vennero progressivamente soppiantate dalla costruzione di più moderni acquedotti.

Attraverso la presentazione di un’installazione site-specific dell’artista spagnolo-brasiliano Pedro Torres (1982), il progetto Clathratus desidera “riportare l’acqua alla fonte” invitando il pubblico ed i passanti a una contemplazione pausata dei suoi cicli, di quelli del tempo e dunque della storia. Unendo il testo stampato a piccoli elementi luminosi e scultorei in movimento (in un gioco di rimandi e collegamenti tra l’interno e l’esterno dello spazio espositivo), il progetto costituisce un’esortazione a prendere coscienza del tempo che, come ricorda il fisico Carlo Rovelli nel suo celebre saggio L’ordine del tempo (2017), è lo strumento attraverso il quale l’essere umano interagisce col mondo, la forma della sua identità.
Per un tempo limitato, Spazio Volta si trasformerà in una una piccola capsula, dove al suo interno tornerà a scorrere l’acqua, o meglio, la sua immagine. Un contenitore –come ci ricorda anche il titolo, che evoca i ‘clatrati’, composti chimici di inclusione molecolare basati su una relazione essenziale tra ospite e ospitante– pieno di vita. Quest’intervento costituirà quindi un tentativo simbolico di riappropriarsi dell’acqua e del tempo, entrambe risorse essenziali messe in pericolo dal fare spropositato e schizofrenico di una società capitalista.

Pedro Torres
Pedro Torres
Pedro Torres
Pedro Torres
Pedro Torres